La Chiesa

Quasi intimorisce il complesso edificio arroccato su uno sperone di roccia posto a guardia del paese: la torre campanaria, l’abside della parrocchiale con la sottostante cripta, l’abitazione del curato, i locali per l’attività pastorale ed il giardino a terrazze. È assai probabile che l’attuale campanile sia l’evoluzione della torre utilizzata come punto di osservazione e di comunicazione visiva e sonora dei tempi antichi.


Certamente sino agli inizi del XVIII secolo era leggermente più bassa e le campane affacciavano in corrispondenza degli attuali quadranti dell’orologio. Il presbiterio, così come ci appare, è opera della metà del ‘700 quando si provvide ad ampliarlo verso sud e ad abbellirlo con decorazioni a stucco e a fresco visibili solo dall’interno eseguiti da artisti cabiagliesi di discreto livello.
L’abitazione del parroco è edificio di cui si hanno notizie certe sin dal XVI sec.
Come ci appare oggi è il risultato della sovrapposizione di costruzioni di epoche diverse, la più antica, cinquecentesca, edificata a ridosso della chiesa, la più recente concepita con una splendida esposizione dei locali verso sud ovest, così da godere tutto il giorno dei raggi solari. Gli altri edifici, adibiti oggi a locali per il servizio pastorale, sono rimasti rustici sino a pochi decenni fa.
Entriamo all’interno dell’edificio.
La chiesa parrocchiale è dedicata a Sant’Appiano patrono di Cabiaglio che si festeggia il 25 di agosto. Il nome ha origini egizie legate alla divinità “Api”, da cui il latino Appius e l’italiano Appiano. Il santo, vescovo e confessore, morì probabilmente nel V secolo in Ifrìqiya il territorio corrispondente all’odierna Tunisia.
Le prime notizie della chiesa risalgono al XII secolo ma non vi sono incartamenti che attestino verità sicure. Il primo parroco risulterebbe essere il presbitero Giraudo de Barassio benefitiale ecclesiae Sancti Alpani de Cabiellio nell’anno 1313. Il più antico documento conservato nell’archivio parrocchiale e che fa riferimento alla chiesa è datato 6 gennaio 1551 e riguarda la Compagnia del SS Sacramento. Altre fonti a cui attingere sono poi i verbali delle visite pastorali dei vescovi di Como a partire dal 1580: Volpi e Bonomi.
L’aspetto del primo edificio non è documentato, ma possiamo supporre che questo fosse costruito sopra un preesistente sacello di origine celtica o romana e di culto pagano.
Si trattava presumibilmente di un complesso a pianta rettangolare, dedicato a San Materno, con il presbiterio orientato ad est e l’ingesso ad ovest preceduto da alcuni scalini per superare il dislivello del terreno. Avrebbe occupato la superficie corrispondente alla campata degli attuali altari della Madonna del Rosario e dello Spirito Santo. Una costruzione romanica delle dimensioni di m.20 di lunghezza per 6/7 di larghezza. Sul lato destro si elevava una torre campanaria in corrispondenza dell’attuale, in seguito si completava il tutto con la costruzione del battistero, a pianta circolare od ottagonale, collocato sulla sinistra rispetto all’ingresso e distante da esso una quindicina di metri.
Con l’incremento demografico si rese necessario un ampliamento della chiesa e in un anno non precisato, ma presumibilmente del secolo XV, si progettò una nuova struttura modificando l’orientamento della preesistente.
L’aula esistente divenne transetto e perpendicolarmente alla stessa si edificò un nuovo fabbricato che fece assumere al complesso la forma di una croce latina. Le pareti esposte a nord e a sud vennero demolite nella parte centrale e al loro posto venne eretta una navata, con porta d’ingresso verso il paese ed un modesto presbiterio. In esso venne collocato l’altare maggiore e nel transetto altri quattro altari dedicati rispettivamente allo Spirito Santo, a San Bernardino da Siena, alla Madonna di Loreto e a San Rocco. La nuova chiesa non era dotata di volte in muratura e neppure di soffitto; le capriate del tetto erano a vista; dal pavimento in terra battuta affioravano i sigilli dei tre sepolcri adibiti alla sepoltura dei defunti. A più riprese i vescovi chiesero di provvedere alla copertura del pavimento ed al rivestimento del soffitto con tavole di legno.
Il campanile si venne a trovare nell’angolo di destra tra il transetto ed il presbiterio mentre il battistero sul lato sinistro del nuovo edificio rimaneva in prossimità dell’ingresso principale.
Verso la fine del sec XVI si rese necessario ingrandire ulteriormente l’edificio e così nel 1602 si provvide ad allungare la navata centrale sostituendo le pareti laterali con quattro pilastri a base quadrata sui quali vennero fatti poggiare sei archi; si aggiunsero lateralmente due navate minori e tutto l’edificio fu coperto da volte a croce; il battistero venne inglobato nell’edificio in prossimità dell’ingresso di sinistra. Tre discreti portali in pietra abbellirono la facciata a capanna. Rimasero tre soli altari:il maggiore al centro, quelli dedicati allo Spirito Santo e alla Beata Vergine del Rosario in testa alle navate laterali. La decorazione pittorica, della quale non conosciamo gli autori, comprendeva la rappresentazione a fresco dei dodici apostoli lungo la navata centrale, un dipinto dedicato al santo patrono come pala del presbiterio ed un dipinto nella nicchia dell’altare di destra con la riproduzione della festa di Pentecoste.

A metà del secolo XVII venne aggiunta la cappella dedicata a sant’Antonio da Padova fatta erigere dalla famiglia Ronchelli quale juspatronato e contemporaneamente venne costruito il nuovo battistero demolendo la quasi totalità di quello antico del quale rimangono visibili alcuni frammenti pittorici.
Negli stessi anni prese forma la cappella laterale destra dedicata alla Beata Vergine del Suffragio, finanziata dalla omonima Confraternita. L’edificio dalla base a pianta quadrata saliva verso l’alto assumendo forma ottagonale e completandosi con una cupola semisferica: rappresentazione architettonica del percorso di purificazione necessario ad ogni credente per passare dalla vita terrena a quella eterna.
Un ulteriore intervento fu realizzato nell’anno 1746 con l’ampliamento del presbiterio. Per poterlo edificare venne realizzata la massiccia costruzione della cripta. Anche il campanile fu coinvolto nei lavori: la base inglobata nelle nuove mura e la torre sopraelevata di un piano con la realizzazione di una nuova cella campanaria. Della precedente rimangono le vestigia ancora visibili dietro i quadranti dell’attuale orologio.
Tutti i migliori artisti di Cabiaglio concorsero per abbellire in modo armonico il rinnovato edificio. Il sacerdote Salvatore Sironi, parroco di Cabiaglio nella prima metà del secolo scorso, nella sua Cronistoria così scrisse: “La chiesa originariamente era di una sola navata e in quel periodo di tempo che corre dal 1735 al 1780 rifulse in questa parrocchia un gruppo di veri artisti sotto la guida dell’insigne pittore G Batta Ronchelli, il quale fu onore dell’arte e della sua patria natia. Egli studiò il disegno a Roma sotto Francesco Mancini e in patria fu scolaro del Cav. Pietro Magatti di Varese…
… Era necessario un cenno di lui che tanto onorò Cabiaglio e arricchì la chiesa di buone pitture che ancora ammiransi come la pala dell’altar maggiore, i medaglioni in coro rappresentanti il Sacrificio di Isacco e quello di Melchisedec…”
Fu così che, sotto la direzione artistica di Ronchelli si compì il rifacimento di tutta la decorazione della chiesa. I fratelli Salvini realizzarono i lavori a stucco in cui erano maestri, collocando un dinamico gruppo di angeli in prossimità della volta del presbiterio quasi un prolungamento tridimensionale dell’affresco; diedero forma al cornicione che percorre tutta la navata centrale e collaborarono con Paolo Mambrini e con Paolo Peter alla decorazione a stucco e colore delle volte e pareti.
Sopra, in corrispondenza dell’ingresso centrale è collocato un ottocentesco organo a canne: opera di Girolamo Carrera del 1835 sostituì l’obsoleto Cedrina del 1701. La cantoria realizzata da Giacomo Mascioni, giovane capostipite di una famiglia destinata a fama mondiale quale costruttrice di organi, venne decorata da un pittore ancora una volta cabiagliese: Giovanni Moratti.
L’ultimo intervento di rilievo fu il completamento della facciata, opera resa possibile nel 1912 grazie al lascito testamentario di Pietro Perugia, insigne cittadino di Cabiaglio.